lunedì 1 giugno 2009

Blatta, una recensione

Pubblichiamo una recensione di Blatta di Alberto Ponticelli ad opera di Vittorio Bustaffa, pittore e illustratore, insegnante di illustrazione presso la Scuola Internazionale di Comics di Padova:

Blatta, testi e disegni ad opera di Alberto Ponticelli, è la storia di un individuo (un uomo?) a cui è stato strappato il rapporto con se stesso e con quella natura che determina il ciclo dei viventi.
I luoghi di Blatta sono non-luoghi sul confine tra la realtà e il sogno: il tempo delle percezioni, in questo caso, è perennemente sospeso ed è scandito da passaggi atmosferici in cui sembra impossibile qualsiasi tipo di movimento fisico e di pensiero. Tutto opprime: il casco, il corpo, le vesti, le stanze, la città labirintica in rovina. Un potere tenace sovrasta una società che ci rimane sconosciuta, un potere segretamente sofisticato, crudelmente silenzioso ed efficacemente deleterio ai sentimenti umani, alle relazioni, alla comprensione di se stessi. Non sappiamo nulla di Blatta, la storia non ci permette di conoscere il suo passato. Tuttavia Blatta è spinto da una propria interiore ricerca che lo porterà all’azione. Un bisogno di ricerca che supera la forza delle oppressioni. Ecco quindi che Blatta ci accompagna in potenti visioni che, ad un tratto, diventano nostre e non più sue: ecco uno dei grandi pregi, a mio avviso, di quest’opera: assai distante dai vari “autobiografismi” ai quali il fumetto contemporaneo ci vuole abituare, Blatta è un’opera potentemente visionaria e metaforica. La definisco inoltre realmente contemporanea, legata a quel concetto di contemporaneità che il filosofo Agamben definisce come la capacità di colui che riesce a far scorrere sul proprio viso (in Blatta volutamente nascosto) tutta la tenebra del suo tempo, senza per questo rimanerne invischiato in modelli precostituiti, quanto piuttosto elevandosi ed esponendosi al rischio, al mondo delle possibilità terrene e creative.
Visioni quindi scandite in serie d’incontri altamente simbolici: una donna, personaggi silenziosi, inquietanti, che mirano sempre o inevitabilmente a opprimere il protagonista, ma l’affrontarli senza sentimentalismi e giudizi morali, risulterà essere il viatico ad una possibile salvezza, una direzione liberatoria. Gli incontri producono azioni, valutazioni e scelte del protagonista sempre più frequenti e concitate, qui gli spazi si amplificano, il tempo si deforma ulteriormente fino alla soglia dell’incubo, ma anche fino all’ultimo illuminante movimento che chiude magistralmente l’opera e apre l’immaginazione del lettore attento a un’altra avventura non meno emozionante.
Blatta ha la forza artistica di metterci davanti a domande che ognuno di noi può, se vuole, scorgere in se stesso intimamente. Lunga vita al suo autore che ci fa dono di un fumetto in cui imparare non solo l’arte sequenziale ma anche la sua relazione con la vita, quella del “non detto”, del non pronunciato, del segreto e dell’importanza di sapersi dare una definizione di libertà.

(Vittorio Bustaffa, maggio 2009)